In “Pedalando in Calabria” di Assunta Scorpiniti (Il Quotidiano del Sud del 3 agosto 2014)
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Nei giorni scorsi Cariati ha salutato Antonio Scigliano, classe 1930, persona buona e instancabile lavoratore fino all’ultimo. Antonio è stato l’uomo-simbolo del ciclismo nel nostro territorio. Da grande appassionata delle due ruote, voglio ricordarlo con questo scritto, che ho pubblicato, nel 2014, nel contesto di un più ampio racconto.
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Il piccolo Antonio Scigliano provava un desiderio sconfinato di avere per sé una bicicletta. Siamo nella Calabria ionica del difficile periodo tra le due guerre. Ne vedeva circolare poche per Cariati, il suo paese, per lo più nella disponibilità di giovani benestanti, che, anche in tal modo, esprimevano lo status differente.
Per il ragazzo che le osservava, con ammirazione e con tormento, alla stregua di un amore disperato, la bicicletta divenne il chiodo fisso fino alle soglie della maggiore età, quando poté finalmente acquistarla, inseguendo il sogno di diventare un ciclista; un sogno alimentato dalle notizie delle gloriose gesta sportive di Coppi e Bartali al Giro d’Italia che, seppure a sprazzi, giungevano in paese.
Lavorando duramente nei campi e allo smistamento del legname che, con un’ardita infrastruttura, dalla Sila veniva fatto scendere in quella località ionica per l’imbarco sui bastimenti, Antonio per anni, aveva messo da parte spicciolo su spicciolo del minimo, davvero il minimo del suo salario, quasi interamente destinato, come allora accadeva, ai bisogni familiari. Si sentiva anche incompreso, nella sua aspirazione, giudicata dal padre “un grillo per la testa”, che, secondo la mentalità corrente, sottraeva al lavoro tempo ed energie.
Memorabile, fu la data del 1° marzo 1949, quando alla stazione di Cariati arrivò da Milano, ben impacchettata, la sua fiammante “Legnano” da mezza corsa, con rapporto a cinque velocità. Il giovane Antonio andò a ritirarla col cuore in gola e il volto sferzato da un vento fortissimo di tramontana che lo respingeva, nel camminare più svelto che poteva, come se volesse allontanarlo dalla sua passione; e dovette anche faticare a tenere a bada mille mani… tutti quei ragazzi accorsi non potevano resistere alla tentazione di toccare la prima bici da corsa che si vedeva da quelle parti.
Egli, dal canto suo, provava una gioia indescrivibile, da non dormirci la notte; e poi era determinato a diventare il più forte ciclista, in paese. Sfidò con successo tutti i coetanei possessori di bici, finché uno di loro, Pino Mancuso, studente presso il liceo di Crotone, gli suggerì di iscriversi alla società ciclistica della città di Pitagora, per iniziare a dare finalmente il via alla realizzazione del suo sogno su due ruote.
Antonio oggi ha 84 anni ed è in pensione dal suo lavoro di autotrasportatore, ma non dal suo amore per la bicicletta; oltre a seguire tutto ciò che riguarda il ciclismo, esultando per la vittoria di Vincenzo Nibali al Tour de France, e a pedalare tutte le volte che può (ha smesso di gareggiare a 60 anni), trascorre le giornate nella sua piccola officina di riparazioni, a disposizione di piccoli e grandi ciclisti, ai quali, con incredibile conoscenza delle componenti e delle prestazioni del mezzo, dispensa interventi e consigli. È con viva emozione che ricorda alcuni episodi di quel tempo: l’incontro con don Pasquale Ciliberto, fondatore della società crotonese, che raggiunse in bici dal suo paese, dopo l’arrampicata sulle colline fino a Rocca di Neto (la statale ionica ancora non c’era); soprattutto il giorno indimenticabile dell’otto maggio 1949, quando via posta gli venne recapitata la cartolina della prima convocazione.
Racconta lui stesso: “Siamo partiti il giorno prima, io e la bici, in treno, per iscriverci alla gara. Non c’era nessuno della mia zona, solo un altro giovane ciclista di Torre Melissa. La mattina dopo mi spaventai, nel vedere circa 80 corridori; poi andai nel panico, quando gli organizzatori mi consigliarono di non partecipare alla competizione, molto dura, con la mia bici da mezza corsa perché si doveva fare il giro dei paesi interni del crotonese. Non potevano mandarmi via… mi impegnai a stare in coda e a ritirarmi se necessario, ma loro non sapevano che in salita ero fortissimo, avevo lo stile di Bartali, il mio idolo. Da Passovecchio, su per Scandale, fino a paesi mai visti, come San Mauro Marchesato, Petilia Policastro, lasciai tutti indietro, ma prima della fine della gara alcuni mi raggiunsero… mi sono però fatto onore, anche se, alla fine, mi sono classificato all’undicesimo posto!”
Da quel giorno, Antonio si sottopose ad allenamenti massacranti, in tutto il tempo libero dal lavoro, indifferente ai pregiudizi di paese (“mi prendevano per pazzo, poi hanno capito che mi allenavo per le gare”) e resistendo anche alla debolezza dei pasti che a volte si saltavano, mettendo a dura prova la prestanza fisica. Da Cariati, egli procedeva in salita verso Campana, Longobucco, Bocchigliero, sempre da solo, ma ricevendo l’accoglienza della gente di quei paesi, che man mano conosceva e nei quali si soffermava; fece molte volte, pedalando, anche Cariati-Cosenza.
Antonio ha preso parte a molte gare (con una vera bici da corsa), conseguendo belle vittorie, come nel 1950 a Strongoli e poi, dal 1955, con il gruppo nato a Rossano, anche nell’alto Ionio, con la soddisfazione di creare la prima società ciclistica nel suo paese, da cui la prima gara federale, affollata di atleti. E, cosa non da poco, grazie anche alla notorietà acquisita nel territorio, di incontrare il suo mito, Gino Bartali, nel 1980, a Crotone.
Oggi non fa bilanci, continua solo ad esprimere l’amore per il suo mondo ciclistico: “Per me la bicicletta è gioia, passione, è il bene infinito che puoi volere a tuo figlio. L’ho tenuta sempre vicino al letto, dopo le corse, dopo averla ripulita. Se avessi avuto l’appoggio della famiglia e più possibilità, sono sicuro che, come ciclista, sarei andato oltre la Calabria, però sono contento, perché la bicicletta mi ha aperto la mente, mi ha fatto conoscere gente e paesi della nostra terra”.
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(Nelle foto: con Antonio alla manifestazione ciclistica “Cariatinbici”; a destra la prima gara ciclistica a Crotone nel 1949; in basso al centro in una gara del 1950 e la tessera dell’Unione Velocipedistica del 1955).