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L’EUROPA “BOCCIA” LA DISCARICA DI SCALA COELI

 «Avviate procedure sanzionatorie verso l’Italia per 240 casi analoghi». La Commissione europea risponde all’interrogazione di Tridico (M5S)

«È fuori dal quadro europeo, avviate le procedure sanzionatorie verso l’Italia per 240 casi analoghi». Sulla vicenda della discarica di Scala Coeli, la Commissione Europea risponde in maniera chiara ed inequivocabile all’interrogazione presentata da Pasquale Tridico, europarlamentare del Movimento Cinque Stelle, accogliendo le ragioni delle sue preoccupazioni, che sono quelle gridate da tempo da un intero territorio, sui gravi rischi per l’ambiente e la salute pubblica. Tridico, originario proprio del piccolo comune collinare dello Jonio cosentino, aveva presentato di recente l’interrogazione per sapere se, anche alla luce della fuoriuscita di percolato e di contaminazioni del terreno superiori alle soglie di legge, quell’impianto fosse compatibile con il diritto europeo e se, in caso contrario, la Regione Calabria dovesse rivederne l’autorizzazione all’ampliamento, concessa nel 2019. Il via libero del Dipartimento ambiente della Regione Calabria era stato dato nonostante il giudice amministrativo avesse rilevato pesanti illegittimità procedurali, due pareri tecnici negativi, la mancanza del permesso per gli aspetti sismici e la successiva realizzazione di opere abusive.

La Commissione chiarisce che la Direttiva europea sui rifiuti vieta autorizzazioni alle discariche rilasciate senza il rispetto dei requisiti fissati e obbliga a gestire questi impianti «senza danneggiare la salute umana o recare pregiudizio all’ambiente e senza danneggiare il paesaggio o i siti di particolare interesse».

Nell’accogliere in pieno le ragioni dell’europarlamentare pentastellato, la Commissione europea precisa di aver censurato il ricorso a questa tipologia di impianti quale «opzione meno opportuna», precisando che la Direttiva «impone agli Stati membri di vietarne la gestione incontrollata». Oltre a ciò, ricorda di avere già avviato procedure sanzionatorie verso l’Italia per oltre 240 discariche e che gli Stati membri hanno l’obbligo tassativo di assicurare il rispetto del diritto dell’Ue.

A seguito di quanto affermato dalla Commissione e degli ammonimenti già posti in essere dall’Europa verso casi analoghi, Pasquale Tridico ora scriverà alla Regione Calabria e al Governo italiano, chiedendo l’immediata attuazione delle regole e dei princìpi esplicitati dalla Commissione europea.

Ricordiamo che la vicenda della discarica di Scala Coeli parte da lontano, dal 2010, quando la Regione Calabria autorizza la società Bieco srl alla realizzazione di una discarica per rifiuti speciali in località “Case Pipino” con capacità di abbanco di 93.000 metri cubi. Sin da subito l’intero territorio manifesta contrarietà con sit-in, manifestazioni, raccolte firme che non sono serviti ad impedirne l’apertura. Contrari anche Legambiente e comitati, agricoltori e allevatori che si sono visti costruire una discarica in una zona dove si adotta il metodo della coltivazione biologica e dove resistono gli ultimi allevamenti di razza podolica, a pochi passi dagli affluenti del fiume Nicà che sfocia nel mare Jonio.

Nel 2016 Bieco chiede l’ampliamento dell’impianto per un volume di abbanco di 1.172.000 metri cubi. Dopo diverse Conferenze dei servizi, in cui vengono evidenziate diverse criticità, tra cui strada provinciale di accesso chiusa al transito dal 2015, nel 2019 arriva l’autorizzazione nonostante alcuni pareri negativi, una serie di pareri positivi con prescrizioni e il rigetto della sdemanializzazione delle aste fluviali da parte dell’Agenzia del Demanio.

Si arriva al drammatico 20 giugno 2023, quando i Carabinieri della Forestale pongono sotto sequestro la discarica a causa di un ingente quantitativo di percolato fuoriuscito che si riversa nel Patìa, affluente del Nicà, con una grave compromissione dei corsi d’acqua. L’area è posta sotto sequestro dalla Procura di Castrovillari (e lo è ancora) e  i sindaci emettono i divieti di balneazione. Nel novembre 2024 cinque persone vengono iscritte nel registro degli indagati; a due di esse sono applicate misure cautelari. L’accusa è, ovviamente, di disastro ambientale.

Maria Scorpiniti (Il Quotidiano del Sud – 21  gennaio 2025)

 

 

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