Uno di loro, straniero, accusato anche di estorsione nei confronti alcuni connazionali
COSENZA – È scattata alle prime luci dell’alba l’operazione della Polizia di Stato di Cosenza, il cui personale ha dato esecuzione alla misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di 6 indagati, emessa, su richiesta della Procura della Repubblica di Cosenza, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale del capoluogo. I soggetti raggiunti dalla misura, italiani ed extracomunitari, favorivano la permanenza illegale nel territorio dello Stato di numerosi stranieri mediante la presentazione di false attestazioni presso lo Sportello Unico per l’Immigrazione, per attivare e concludere la procedura di emersione dal lavoro irregolare che consentiva a richiedere, e successivamente ottenere, un titolo di soggiorno che ha apparentemente regolarizzato la loro permanenza sul territorio italiano. Uno di loro, extracomunitario, è indagato anche per il reato di estorsione, poiché costringeva alcuni connazionali a consegnargli, in più occasioni, somme di denaro per consentire loro l’occupazione di spazi pubblici da utilizzare per la vendita ambulante.
Il provvedimento è l’epilogo di una intensa attività d’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Cosenza diretta dal Procuratore Capo Mario Spagnuolo, e avviata dalla Squadra Mobile sotto le direttive del Questore della Provincia di Cosenza, Giuseppe Cannizzaro.
Le indagini sono partite da un episodio di rissa verificatasi nel maggio 2021 in Piazza Bilotti tra alcuni cittadini extracomunitari, tutti venditori ambulanti, per lo più abusivi, al fine di contendersi gli spazi pubblici disponibili. L’origine della violenta colluttazione era da ricercare nella pretesa estorsiva, avanzata da uno di loro nei confronti di alcuni connazionali, rei di aver occupato con i loro espositori alcuni spazi pubblici senza corrispondere allo stesso la somma di denaro giornaliera, da quest’ultimo pretesa ingiustamente.
Le successive attività di indagine consentivano di far ipotizzare la responsabilità degli indagati in ordine al reato di favoreggiamento della permanenza irregolare sul territorio dello Stato italiano di vari cittadini extracomunitari che, a fronte del pagamento di somme di denaro, sono riusciti ad ottenere, mediante dichiarazioni e documenti attestanti falsamente la preesistenza di rapporti di lavoro, il rilascio di permesso di soggiorno ideologicamente falsi perché basati su presupposti inesistenti. Nel corso delle indagini emergevano le figure di un commerciante di abbigliamento, di un commercialista e di un extracomunitario, i quali fungevano da trait-d’union tra coloro che si prestavano a svolgere il ruolo di datore di lavoro fittizio e gli extracomunitari che aspiravano a regolarizzare la loro posizione sul territorio italiano, ma impossibilitati a farlo per diverse motivazioni: clandestini o richiedenti protezione internazionale con diniego dello status richiesto dalle competenti Commissioni Territoriali, esercizio attività lavorative abusive.
Gli inquirenti sono riusciti a ricostruire numerose fraudolente assunzioni che gli indagati si erano prodigati a realizzare in favore di falsi lavoratori e fittizi datori di lavoro. Si verificava, altresì, che i medesimi assolvevano a varie incombenze amministrative nell’interesse dei loro clienti, atteso che molti di questi non erano in grado di comprendere la lingua italiana e non sarebbero stati pertanto in grado né di affrontare l’iter amministrativo, né di predisporre la documentazione necessaria. È stato accertato che gli indagati si prodigavano a fornire il loro contributo in tal senso, non per mera solidarietà diretta a fornire aiuto materiale a soggetti bisognosi di accoglienza, ma per scopi prettamente di lucro, consistente in somme di denaro pagate dai cittadini stranieri che volevano permanere in Italia senza averne i requisiti. Dalle indagini è emerso che ciascuno dei falsi lavoratori corrispondeva agli intermediari, e per il tramite di quest’ultimi anche “al datore di lavoro”, somme di denaro, in alcuni casi quantificabili in circa cinquemila euro, per ottenere, fittiziamente, i requisiti utili per soggiornare in condizione di apparente legalità sul territorio dello Stato italiano.
I positivi riscontri acquisiti dagli Agenti, hanno determinato la Procura Bruzia a richiedere la misura cautelare nei confronti degli odierni arrestati, richiesta che veniva accolta dal Gip presso il locale Tribunale. A seguito di ciò, la Polizia di Stato, nell’ambito di una complessa operazione che ha impegnato decine di poliziotti della Squadra Mobile, coadiuvati nella fase esecutiva dalla Squadra Mobile di Biella ed equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine Calabria di Rende, rintracciavano i destinatari del provvedimento cautelare, i quali, al termine degli adempimenti di rito venivano sottoposti alla misura degli arresti domiciliari.
La Polizia di Stato, nel diffondere la notizia, precisa che gli indagati vanno ritenuti presunti innocenti in considerazione dell’attuale fase del procedimento e fino a un definitivo accertamento di colpevolezza con sentenza irrevocabile.
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