CARIATI – «Con queste semplici parole, vogliano esprimere il nostro grazie al personale della Residenza Sanitaria Assistita (Rsa) dell’ospedale di Cariati per come hanno curato con professionalità, umanità e gentilezza nostra madre fino alla fine e per come continuano, con sacrificio e amore, a dare dignità agli ammalati, regalando carezze e sorrisi, alleviando le tante sofferenze e avendo per loro sempre una parola di speranza».
Ad esprimere gratitudine infinita verso il personale sanitario della Rsa cariatese sono i familiari di Rita Gentile, l’85enne di Cariati che si è spenta pochi giorni fa circondata dall’affetto dei suoi nove figli e dei tanti nipoti. Le loro sono parole sentite, pronunciate nell’immediato della perdita della mamma, assistita per mesi nella Rsa medicalizzata del Vittorio Cosentino, diretta dal dottor Gaetano Cucinotta e portata avanti da un’équipe di medici, infermieri e operatori socio sanitari che, nonostante le note carenze di organico, riescono a gestire con professionalità h24 un reparto di 18 – 20 pazienti.
Com’è noto, il reparto di lungodegenza ubicato al primo piano del “Cosentino” è una delle poche Rsa pubbliche della Regione Calabria, punto di riferimento dell’intero Distretto sanitario Jonio Sud. Accoglie e cura pazienti per la maggior parte anziani non autosufficienti, affetti da malattie croniche, a volte provenienti da elevate specializzazioni (rianimazione, terapia intensiva), tracheostomizzati o con altri device. La Rsa di Cariati, nel suo campo, rappresenta un esempio di buona sanità, in un tempo in cui si sente spesso parlare di disservizi e di medici e operatori sanitari che vengono continuamente diffamati o addirittura malmenati.
Per i figli di Rita Gentile, invece, la Rsa cariatese è “una realtà inesplorata” dove si trovano ad operare medici e infermieri che ritengono “eroi” poiché non perdono mai la forza di andare avanti e la motivazione per compiere bene il loro lavoro. Lo hanno fatto con la loro mamma e continuano a farlo con chiunque ricorra alle loro cure. D’altra parte, nel caso specifico, non poteva essere altrimenti, poiché l’anziana, gentile di nome e di fatto, con la sua battuta pronta e con le parole buone che proferiva, derivanti da una grande fede, riusciva ad entrare in empatia con chiunque la incontrasse. Non perdeva occasione, la signora Rita, di testimoniare il suo essere cristiana e di dare a tutti parole di conforto, sdrammatizzando sulla sua condizione di persona bisognosa di cure continue.
La sua è stata un’esistenza ordinaria, fatta di lavoro, di amore per la famiglia e di sacrifici affrontati sempre con il sorriso. E proprio in questo sta la sua straordinarietà. Proveniente da una storica famiglia di pescatori, anch’essa numerosa, come tante ragazze della sua epoca fu avviata ancora adolescente al lavoro di tessitrice di preziose coperte e arazzi, un’arte allora fiorente nella cittadina ionica, oggi quasi del tutto scomparsa. Poi il matrimonio con Carmine Urlo, di origini campane, venuto a mancare anch’egli qualche anno addietro, da cui sono nati 9 figli. Per un periodo ha gestito insieme al marito una fruttivendola, poi si è dedicata completamente alla famiglia e, fino a quando la salute gliel’ha permesso, alla chiesa. Ripeteva spesso che la cosa più bella della sua vita era stato l’incontro con il Signore, invitando alla preghiera e a credere nella misericordia di Dio. Ha affrontato la malattia e la vecchiaia con serenità, circondata dall’affetto dei figli e assistita, nei lunghi periodi di ricovero nella Rsa, da sanitari che l’hanno fatta sentire come a casa.
Maria Scorpiniti (“Il Quotidiano del Sud” 27 marzo 2024)